“Magistrati in carcere” sembra dire il disegno di legge Sciascia-Tortora dello scorso 30 giugno. Magistrati in carcere per 15 giorni e notti, prima di acquisire il potere di giudicare e condannare. In sostanza sembra dire: tu che con una sentenza puoi cambiare radicalmente la vita di una persona, devi prima sapere com’è quella vita ristretta.
La proposta Sciascia-Tortora è stata presentata nel carcere di San Vittore a Milano. La formula “magistrati in carcere” starebbe a indicare un periodo obbligatorio per la formazione dei futuri membri della Magistratura italiana, come un tirocinio curriculare dietro le sbarre. Si richiederebbe dunque di passare 15 giorni nelle stesse condizioni in cui vivono a oggi più di 60 mila persone in Italia, al fine di rendere il processo e il relativo giudizio più umano e consapevole; attenuare gli eventuali errori giudiziari; magari diminuire il sovraffollamento.
Il sovraffollamento: emblema ormai della condizione carceraria italiana. “Senza respiro” è il titolo del XXI rapporto di Antigone. Un’immagine che dà una chiara idea di come si vive dentro:
«Al 30 aprile 2025 erano 62.445 le persone detenute nelle carceri italiane, 164 in più del mese precedente. Se si pensa che le nostre carceri hanno una capienza media di circa 300 posti, significa che la popolazione detenuta sta crescendo dell’equivalente di un nuovo carcere ogni due mesi, un dato esorbitante per poter pensare di rispondere con una qualunque strategia di edilizia penitenziaria.» – Senza respiro
La proposta di far entrare i magistrati in carcere invece può essere sufficiente a risolvere il sovraffollamento penitenziario? Mi sembra difficile. Tuttavia, può sicuramente aiutare a non far prendere decisioni affrettate sulle condanne. Quindi magari, in minima parte sì. Quello che servirebbe è forse aumentare le strutture di accoglienza per le misure alternative e ancor di più farvi accedere più persone possibili, senza discriminazioni o arbitrarietà nel giudizio. Infine, sarebbe sicuramente d’aiuto dare credito e ascoltare l’urgente e necessario appello del Garante dei diritti delle persone detenute: un provvedimento di clemenza.
In ogni caso, la proposta di legge si muove con l’intenzione di modificare in meglio il rapporto tra magistratura e cittadinanza e nasce dall’unione di diverse realtà: l’associazione Amici di Leonardo Sciascia, l’associazione Italia Stato di Diritto, la Fondazione Enzo Tortora, e la Società della Ragione. L’idea di far entrare i magistrati in carcere non è così nuova, come ricordato nell’articolo di Alessandra Mancini su Open:
«Un’idea che risale in realtà a Leonardo Sciascia, il quale sul Corriere della Sera del 7 agosto 1983 propose che i magistrati trascorressero almeno tre giorni all’interno delle carceri, a stretto contatto con i detenuti. «Sarebbe indelebile esperienza, da suscitare acuta riflessione doloroso rovello ogni volta che si sta per firmare un mandato di cattura o per stilare una sentenza», si leggeva sul quotidiano di Milano.» – 15 giorni (e notti) in carcere per i futuri magistrati: la proposta di legge per cambiare la giustizia dall’interno
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