Cooperativa sociale che offre servizi di ascolto, orientamento, formazione, accoglienza rivolti a detenuti/e, ex detenuti/e e persone che vivono in condizione di disagio sociale.

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Il balcone della serenità

Ogni volta che arrivo in struttura, se A. non è al lavoro è in balcone a impiastricciarsi di terra. Il basilico, i fiori, le piante grasse del piccolo orto sono motivo di orgoglio: A. ti porta sempre a far vedere tutto e cerca di spiegarti il suo progetto su come intende migliorare sempre un po’ di più la disposizione dei vasi, la loro dimensione e ogni minima cosa con attenzione minuziosa per i dettagli. E ogni volta mi ricorda della pianta di piccoli melograni che gli ho promesso da mesi! 
LE PAROLE DI A

Qualche mese fa abbiamo deciso di rendere più accogliente il nostro balcone, trasformandolo in un piccolo orto.

È un’attività ricreativa e anche un momento di socialità in quanto coinvolge tutti: operatori e ospiti. Le piante che abbiamo deciso di acquistare per lo più sono piante grasse, ma anche da fiori. Principalmente me ne occupo io perché mi piace avere cura delle piante, infatti sono perito agrario ma è una passione che ho da quando ero piccolo.

In un contesto urbano in cui effettivamente c’è poco verde, è importante costruire degli spazi, anche sui balconi di casa, in cui si ritrova un contatto con la natura.

Il contatto con la natura, un contatto che si perde tra le fredde mura di una cella o di un semplice palazzo di città e si ritrova in questo caso su un balcone dove A. passa il suo tempo libero. Grazie all’orto in balcone, si ritrova la gioia dell’aver cura di qualcosa e il tempo di riflettere sul proprio presente e futuro: un futuro ormai prossimo e pensato “agricolo”.

 

Da quando sono arrivato nella struttura mi sono sentito finalmente quasi libero.

Libero anche quando si ha voglia di un piatto di pasta,ma soprattutto sono felice di non rientrare nel carcere a dormire. Prendermi cura delle piante del nostro balcone mi fa stare bene, mi riesco a rilassare mettendomi di buono umore, poi mi piace perché amo la natura e poi il nostro balcone è un punto di questa casa molto particolare: di sera ci passo molto tempo da solo a riflettere, ecco perché lo chiamo il balcone della serenità.

Il nome che A. ha voluto dare a questo articolo mi ha fatto subito sorridere. È una scelta lessicale che riflette largamente la condizione di un luogo colorato che ci fa subito rasserenare, anche nelle giornate poco soleggiate. Un luogo che porti nel cuore e nel quale torni a riflettere a fine giornata, tutti ne abbiamo uno. Il mio è una panchina fuori casa, per A. è il balcone abitato dalle sue amate piante, per voi? 

Dossier statistico immigrazione 2022 – i migranti nelle carceri italiane

Il 27 ottobre scorso ho avuto il piacere di ascoltare la presentazione del Dossier Statistico sull’immigrazione del 2022: il frutto del lavoro meticoloso svolto da IDOS in collaborazione con la rivista Confronti e l’Istituto di Studi Politici Pio V volto a fotografare la situazione dei migranti in Italia.  

Ad introdurre la discussione circa la trentaduesima edizione del Dossier, un pensiero rivolto a tutte le vittime del mare e delle frontiere, a tutte le sofferenze e il dolore di chi passa il confine: “A tutti i migranti reali che però sono assenti…”

In questo resoconto, vorremmo riportare i dati del Dossier per quanto riguarda la popolazione migrante detenuta dell’anno 2022. Numeri che rispecchiano una realtà diversa da quella narrata dal luogo comune per cui io non sono razzista ma questi vengono qua e ce stuprano ‘e figlie, ‘e mogli!”. Percentuali che fanno luce su l’evidente disagio socio-economico che vivono le persone che non-accogliamo tutti i giorni. 

Criminalità in Italia – il reale contributo delle persone straniere

Al fine di analizzare il “peso” delle persone straniere nel più ampio scenario criminale italiano, Gianfranco Valenti e Luca di Sciullo, ricordano l’assunzione preliminare di una serie di criteri oggettivi «senza i quali si rischia di fornire una interpretazione unilaterale, ingenua e scorretta» di una realtà che risulta essere più interconnessa di quanto non sembri.

Nel senso, è giusto porre un confine netto tra la criminalità straniera e quella autoctona? 

Lo studio qui presentato cerca di contestualizzare il fenomeno all’interno dell’ambiente sociale, culturale ed economico in cui si manifesta.

Quattro sono le riflessioni che aprono il discorso intorno alla questione contro cui invece si scontra l’opinione comune di molti italiani, condita con una «salsa razzista-lombrosiana – scrivono Sciullo e Valenti – per cui i caratteri somatici comuni a una “etnia” rivelerebbero tratti caratteriali propri di un’intera popolazione».  

  1. Non sempre il numero degli arresti o delle denunce sono corrispondenti alle persone effettivamente arrestate o denunciate, perché è possibile che una stessa persona sia arrestata o denunciata più volte nell’arco del tempo. 
  2. Le persone immigrate in Italia hanno un maggior numero di leggi a cui riferirsi e dunque un maggior numero di reati possibili rispetto agli italiani. Si parla in questo caso di tutte le leggi sull’immigrazione che regolano ingressi, permanenze e regolarità.
  3. Il prevalere dei reati commessi dai giovani, deve essere considerato alla luce di un confronto squilibrato in quanto gli individui giovani sono una forte rappresentanza della popolazione straniera in Italia, a differenza degli italiani più giovani. Dunque occorrerebbe proporre una comparazione della frequenza dei reati per fasce di età.
  4. Infine, non si può evitare di considerare «quanto il degrado del contesto urbano e sociale di vita, la condizione di emarginazione, l’assenza di misure e strutture di sostegno per un’effettiva partecipazione alla vita collettiva siano fattori che aumentano il rischio di scivolamento nell’illegalità…» e non solo per gli individui immigrati.

 

Dai dati messi a disposizione nel Dossier, tratti dall’archivio del Sistema Informativo Interforze si è assistito a un calo determinante delle denunce e degli arresti delle persone immigrate soprattutto nel periodo pandemico, quando in conseguenza alle restrizioni dovute al lockdown, è diminuita di fatto la possibilità di compiere reati “all’aperto”

Sebbene i numeri ad essi relativi siano saliti nuovamente in seguito alla graduale riapertura verso la mobilità sociale, questi sono comunque inferiori rispetto al periodo precedente la pandemia

Questione però secondo me fondamentale, riguarda l’incidenza percentuale sulla criminalità italiana dei reati accertati degli individui stranieri: per sequestri di persona (36,2%), violenze sessuali (41,0%) e omicidi preterintenzionali (42,6%) che in termini assoluti andrebbero a costituire rispettivamente lo 0,2%, lo 0,8% e meno dello 0,1% del totale

Flussi migranti in carcere 

Come abbiamo visto e possiamo dedurre di conseguenza, ad un calo di denunce e arresti delle persone immigrate in Italia, corrisponde il calare del numero dei detenuti in carcere: rispetto al 2008 – anno in cui si registra un numero di presenze migranti ristrette più alto rispetto agli ultimi 20 anni – quando la popolazione detenuta straniera costituiva il 37,1 % del totale; a giugno del 2022 si è scesi al 31,3 %. (Fonte: Associazione Antigone

Come illustrato da Carolina Antonucci, Francesco Biondi e Carla Cangeri, nonostante diminuisca il numero dei detenuti stranieri all’interno delle carceri italiane, è in aumento il numero dei suicidi. «Al 12 agosto – 2022 – erano morte suicide negli istituti penitenziari italiani 51 persone (già salite a 59 al 2 settembre), di cui 27 (più della metà!) erano detenuti stranieri». Come tristemente noto, il numero dei suicidi in carcere non è in diminuzione.

Accesso alle misure alternative 

Nell’articolo di lunedì abbiamo cercato di spiegare in chiave narrativa cosa siano le misure alternative alla detenzione, nel Dossier Statistico sull’immigrazione del 2022 è presente la quota dei detenuti stranieri in semilibertà (16,6% rispetto al totale dei detenuti in carcere). Il numero dei detenuti stranieri in semilibertà è in aumento, notano Antonucci, Biondi e Cangeri ma è comunque basso, sono 174 persone in tutto. 

Se la concessione della semilibertà viene valutata in base al percorso rieducativo e alle razionali possibilità di reinserimento sociale del detenuto e della detenuta, spiegano gli autori: «Evidentemente per gli stranieri sussistono condizioni soggettive – tra le quali anche la debolezza delle reti sociali di riferimento – che impediscono maggiormente l’avvio di questo percorso, con tutte le conseguenze negativo a livello individuale (sul piano pratico e psicologico) e collettivo (in termini di recupero dalla marginalità a una attiva e piena partecipazione al contesto sociale».

 

Quanto riportato è solo una parte dell’importante ricerca Idos, per conoscere nel dettaglio la situazione dei migranti in Italia nell’anno appena trascorso, vi consigliamo di acquistare il Dossier Statistico sull’immigrazione del 2022 qui.

Alessia

Le misure alternative raccontate da quattro vite differenti e molto simili 

«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Dall’art. 27 della Costituzione italiana

 

Nel 1975 in Italia sono state introdotte le misure alternative alla detenzione con l’obiettivo di introdurre nuove soluzioni per il raggiungimento del fine ultimo della pena previsto dalla nostra Costituzione, la rieducazione del condannato. Da definizione, le misure alternative alla detenzione o di comunità “consistono in modalità di esecuzione delle condanne diverse dalla tradizionale esecuzione della pena negli istituti penitenziari.” 

In questo articolo vogliamo ripercorrere brevemente alcune storie delle persone incontrate durante il mio percorso all’interno della Cooperativa PID, per tentare di spiegare le misure alternative da un punto di vista emico e iniziando a questo punto ad introdurre i protagonisti delle nostre narrazioni. 

Dalla strada alla casa famiglia – la detenzione domiciliare di V

I piedi del nostro V non toccano il pavimento del carcere neanche per un secondo. 

In seguito alla condanna riesce a ottenere la detenzione domiciliare e sconta la sua pena di circa due anni interamente all’interno di una struttura di accoglienza gestita da PID. Il carcere è brutto dice, è fortunato ad essere lì, nonostante passi le giornate a non fare niente e spesso non si trovi con i suoi “coinquilini”. Può uscire due ore a metà mattinata, con tutto il caldo dell’estate romana si concede delle lunghe passeggiate. Il suo problema resta il lavoro, è il suo obiettivo principale, perché chiaramente una volta uscito dalla struttura come potrà vivere? Dunque con gli educatori cerca di programmare un suo progetto di vita: dato che è vicino alla pensione, si decide che potrà rimanere per qualche mese all’interno della casa famiglia anche dopo aver ottenuto la libertà in modo da avere più tempo per trovare un lavoro, di qualsiasi tipo – afferma V – così che presto potrà badare a se stesso interamente e non restare più legato alle reti socio-assistenziali all’interno delle quali si muove già da molto tempo.

Dal carcere alla casa famiglia – la detenzione domiciliare di B

Dopo quasi venti anni di carcere, B accede alla detenzione domiciliare e sconta gli ultimi anni della sua pena all’interno di una struttura di accoglienza per persone detenute.

B percepisce la pensione ed è determinato a ricongiungersi con i suoi figli e sua moglie, la sua permanenza in casa famiglia è stata essenziale anche per questo motivo: infatti, ha avuto la possibilità di incontrare suo figlio in un ambiente diverso da quello del carcere e soprattutto ha potuto finalmente iniziare a pensare di ricostruire una vita fuori con sua moglie e sua figlia. B anche può uscire dalla struttura qualche ora la mattina e mi ha raccontato in più occasioni di aver trovato piacevoli compagnie nel quartiere con cui passare quei momenti di libertà. Uno dei suoi sogni più grandi è quello di comprare una barca a basso costo per poterla sistemare lui stesso e viaggiare con la sua famiglia nel mondo. 

Ora B è libero e sta vivendo la sua vita, spero, come lui stesso l’ha desiderata per molto.

Dal carcere alla semilibertà al carcere di nuovo

L ha passato una gran parte della sua vita in carcere, negli ultimi anni ha ottenuto la semilibertà e ha iniziato a lavorare fuori dalle mura dell’istituto per rientrarvi la sera. Con l’emergenza sanitaria Covid-19 ha avuto la possibilità di usufruire della licenza premio straordinaria che gli ha permesso di stare fuori sia giorno che notte anche se con delle misure di controllo; questa occasione per molti come lui ha rappresentato il concretarsi di un principio di vita “normale”. 

Per circa due anni è rimasto in una struttura di accoglienza gestita da PID, ma nel momento in cui – con la chiusura dell’anno 2022 – non è stata rinnovata la  misura contenuta nel decreto Cura Italia è tornato nella sua cella. Come L, sono in 700 i detenuti che sono tornati in carcere dopo aver vissuto fuori negli anni della pandemia. 

La storia di L è rappresentativa di una situazione contraddittoria e sicuramente controproducente, nel senso che porta a riflettere sul lavoro svolto da queste persone in questi anni, sulle sfide che hanno affrontato per costruirsi una realtà diversa da quella che hanno vissuto non solo in carcere, ma anche da quella della loro vita precedente alla detenzione stessa. Sfide vinte e passi avanti che inevitabilmente ora sembrano quasi vani, a chi è tornato a dormire nel buio della propria cella proprio quando sembrava riuscire a vedere la fine della sua condizione ristretta.

L continua a frequentare gli ambienti del PID nelle ore di reperibilità previste dal suo programma di trattamento, fortunatamente ha il continuo appoggio della sua famiglia e spera presto di ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali

Dal carcere alla semilibertà all’affidamento in prova

Ricordo quando A mi ha raccontato che dopo anni di reclusione gli è stata data l’opportunità di uscire per la prima volta in permesso premio, mi ha detto che da allora il suo percorso in carcere è cambiato molto. 

La fiducia che gli ha mostrato quel Magistrato è stato un dono prezioso, gli ha permesso di scegliere di voler vivere una vita diversa nonostante gli anni di detenzione che aveva ancora davanti. Mi ha detto che non dimenticherà mai quella persona e che per rispetto verso di lui e verso la sua fiducia ha iniziato a pensare di poter uscire un giorno e costruirsi una vita “normale”. 

Infatti A ha ottenuto la semilibertà e ha iniziato a lavorare fuori dal carcere; con l’emergenza sanitaria è riuscito ad ottenere la licenza straordinaria durante la quale ha alloggiato in una struttura di accoglienza gestita da PID. E ora è in affidamento in prova ai servizi sociali, tra meno di un anno sarà libero. 

A è riuscito ad andare al compleanno del nipote, a passare il Natale in famiglia, a riacquistare gli spazi affettivi che a lungo sono stati lontani. 

 

Le misure alternative alla detenzione possono metaforicamente rappresentare un ponte tra il dentro e il fuori. Gli individui che riescono ad accedere all’alternativa del carcere hanno modo di recuperare più in fretta e con più efficacia il rapporto con un ambiente saturo di stimoli, re-imparare a dargli significato e concretamente iniziare un nuovo percorso di vita.

Per conoscere nel dettaglio le misure alternative vi consigliamo di leggere direttamente il testo della Legge 26 luglio 1975 n. 354

 

Alessia Massaroni